Gli ingredienti della Carità

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Condividiamo  spunti  tratti  dalla relazione del Vescovo Erio Castellucci e della Caritas Diocesana  sul tema :“Gli ingredienti della carità” tenutasi  al ritiro Caritas dell’11 maggio 2019.

La riflessione prende avvio dall’ ascolto del brano Evanglico di (Lc 24,13-35) che verrà letto nella III domenica di Pasqua. ( 26 aprile 2020 )

13 Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus,distante circa undici chilometri da Gerusalemme, 14 e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. 15 Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. 16  Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. […]

Ci serviamo di una delle sei PAROLE che il Vescovo ha utilizzato nel commentare il Brano di Emmaus, come atteggiamenti del cristiano per annunciare il Vangelo e lo stile di carità di Gesù: CAMMINO – ACCOMPAGNAMENTO ASCOLTO E PAROLA PREGHIERA ACCOGLIENZA CONDIVISIONE ANNUNCIO/MISSIONE

SPEZZARE IL PANE

 “A tavola, terminato finalmente quel cammino di 11 chilometri: – prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero-. Gesù si fa riconoscere nel gesto di spezzare il pane, nel rito eucaristico. È questo il focus dell’episodio, il momento di svolta, il perno che rovescia tutta la scena e la rende nuovamente dinamica, rimettendo in moto i due discepoli. Strano che fino ad allora non l’avessero riconosciuto. Ma evidentemente Gesù si riconosce pienamente solo quando si presenta nella forma del dono, solo quando si fa pane, solo quando – per così dire – si sbriciola per noi. L’esito del cammino di Gesù è il suo offrirsi: questa è per lui la meta; e infatti sparisce. Non aspetta nemmeno che loro credano, che professino la fede.

Lui ha terminato il suo annuncio, che è diventato pane spezzato. Il traguardo dell’educatore cristiano è che la parola diventi pane, che i discorsi lascino spazio alla vita, che il dialogo diventi testimonianza. Quando parla la sua vita, l’educatore ha davvero dato tutto. Si vede bene che “il catechista” o “la catechista” non è una figura solitaria, ma una pluralità di figure: chi può offrire da solo una testimonianza “completa”?”

Analogamente chi può pensare di vivere e testimoniare la carità da solo in modo completo? Anche l’esercizio della carità necessita dell’intera comunità, e’ un’esperienza da vivere e condividere insieme; in tal senso il servizio dei singoli parrocchiani più coinvolti da vicino (per possibilità, tempo, attitudine personale) nelle diverse attività caritative, non è certo quello di lavorare da soli e sostituire la comunità, ma può essere sempre più l’ animare la comunità e aiutarla a conoscere e confrontarsi con le situazioni e le persone più fragili, ad avvicinarsi ad esse e avviare relazioni di amicizia, vicinanza e sostegno; consapevoli che si sta offrendo alla parrocchia l’esercizio del Vangelo e la crescita nel cammino, personale e comunitario, di sequela a Gesù Cristo, unico nostro salvatore.

Per una lettura più approfondita e completa rimandiamo al sito della Caritas di Modena : https://www.caritas.mo.it/laboratorio-animazione-e-formazione/

a cura dei volontari  gruppo Caritas Camposanto e Solara